«Tesò! Lavate bene ‘e mano… nun m’attaccà er virus che sennò nun me poi vede’ pe’ ‘n sacco de giorni…».
Ginevra aveva parlato in romanesco. Francesco si morse il labbro inferiore, niente lo faceva eccitare come il dialetto della sua città. Esultò davanti allo specchio del bagno come Manolas contro il Barcellona, ma poi si ricordò di ringraziare la divinità superiore. Continua a leggere →

Corsero, urlarono, sudarono. Piansero, caddero e si rialzarono. Alla fine, però, arrivarono.
Sul marciapiede di un festante sesto municipio, probabilmente romano, di certo non romanista, un uomo basso e magro, col grembiule sporco di pomodoro, spiccava su una gigantografia di cartone e indicava l’entrata della pizzeria “Dal Bufalo”. Continua a leggere →

Solid e Snake, al secolo Giorgio e Damiano, erano rimasti impietriti. Le volanti della polizia si avvicinavano inesorabili a sirene spiegate, mentre gli zombie laziali correvano in tutte le direzioni, alcuni per il panico dovuto alle guardie, altri per la gioia dello scudetto appena conquistato, che spingeva a nutrire rispetto solo per la divisa biancoceleste. Continua a leggere →

Ammazza se era bella.
Ginevra faceva girare la testa. Nei pantaloni di Francesco si era già scatenata la festa dell’ultimo scudetto giallorosso. Così doveva essersi sentito il Capitano, quello vero, quando aveva alzato la coppa. Continua a leggere →